Reato continuato e prescrizione
Le riforme del 2005, 2017 e 2021
di Andrea Aglietto
– Sommario
- Art. 81, cpv, c.p.
- La Prescrizione.
- Il Reato Continuato, nel tempo
– la norma di riferimento
Art.81, cpv, c.p.: “Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge”.
La Prescrizione
La prescrizione è la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva, in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato.
L’istituto è disciplinato dal codice penale (artt. 157 e ss.) e trova fondamento nel fatto che, a distanza di molto tempo, si ritiene che venga meno l’interesse dello Stato a punire un determinato comportamento di rilevanza penale ed a tentare il reinserimento sociale e la rieducazione del reo. Ciò sulla base della considerazione secondo cui, decorso un determinato lasso di tempo, diventa inutile ed inopportuna l’applicazione della sanzione.
Il Codice Penale ricomprende l’istituto della prescrizione tra le cause di estinzione del reato.
La disciplina della prescrizione del reato, attualmente in vigore, deriva dall’approvazione della legge n. 251 del 2005 (c.d. Legge ex-Cirielli), in XIV legislatura, e dalla legge n. 103 del 2017 (c.d. Riforma Orlando), nella scorsa legislatura. A ciò si aggiunga, a partire dal 1 gennaio 2020, la legge 9 gennaio 2019, n. 3 recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 13 del 16 gennaio 2019 e la cd. Riforma Cartabia, Legge 27 settembre 2021, n. 134.
Nel nostro ordinamento, a partire dal 2005 con la legge n. 251 del 2005, c.d. legge ex Cirielli, per calcolare il tempo necessario a prescrivere un reato si fa riferimento alla pena massima prevista per il reato stesso, con due limiti: nel caso di delitto, il tempo non può mai essere inferiore ai 6 anni; nel caso di contravvenzione, non può mai essere inferiore a 4 anni.
L’articolo 6 della cosiddetta “legge Cirielli” ha riscritto l’articolo 157 del codice penale relativo al tempo necessario a prescrivere sostituendo il criterio precedente – delle classi di reato individuate per fasce di pena – con il criterio che collega il tempo necessario a prescrivere al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per ogni singolo reato.
Al fine dell’individuazione del massimo della pena edittale, non si tiene conto né delle aggravanti né delle attenuanti, salvo che delle circostanze aggravanti ad effetto speciale (che comportano cioè un aumento della pena superiore ad un terzo) e di quelle per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria. Analogamente, non si tiene conto della disciplina del concorso di circostanze aggravanti e attenuanti. Se il reato è punito congiuntamente o alternativamente con pena pecuniaria si dovrà tener conto della sola pena detentiva, mentre in caso di pene di natura diversa il termine di prescrizione è fissato in tre anni.
Quanto al reato continuato, l’art. 158 c.p. prevedeva – prima dell’entrata in vigore della legge 251/2005 – che il termine della prescrizione decorresse dal giorno “in cui è cessata la continuazione”.
Le Riforme
La legge del 2005 ha modificato l’art. 158, comma 1 del codice penale, eliminando ogni riferimento alla continuazione; in tal modo il momento iniziale della prescrizione si determinerà utilizzando per ciascuno dei reati in continuazione le regole dettate dallo stesso art. 158, comma 1, per il reato continuato, per il tentativo, per il reato consumato e quello abituale.
Di conseguenza la decorrenza del termine di prescrizione dei reati continuati si calcola come per ogni reato dal giorno in cui si è esaurita la singola condotta illecita; dunque per ciascun reato avvinto dal vincolo della continuazione è previsto singolarmente il momento in cui il termine della prescrizione inizia a decorrere.
All’art. 10, il testo in esame dispone che le modifiche introdotte non valgono per i procedimenti e i processi in corso.
Un secondo intervento normativo in tema di prescrizione è la L. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. riforma Orlando), la quale è intervenuta in merito ai rapporti tra vicenda estintiva del reato e processo, introducendo – in particolare – due nuovi periodi di sospensione del corso della prescrizione decorrenti, rispettivamente, dalla sentenza di condanna in primo ed in secondo grado; ciò allo scopo di allungare i termini di prescrizione durante lo svolgimento del processo. Nulla è stato modificato in merito al decorso della prescrizione nel reato continuato, che pertanto inizia, come detto, a decorrere singolarmente per ciascun reato unito dal vincolo della continuazione.
In seguito è stata pubblicata nella G.U. n. 13 del 16 gennaio 2019 la legge 9 gennaio 2019, n. 3 (“riforma Bonafede”) recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”. È la c.d. legge spazza-corrotti.
La riforma della disciplina della prescrizione del reato è contenuta nell’art. 1, lett. d), e), f) della l. n. 3/2019, disposizioni queste che, in base all’art. 1, co. 2 della legge stessa, sono entrate in vigore il 1° gennaio 2020.
Fino a quella data ha continuato a trovare applicazione la disciplina previgente.
Dal 1° gennaio 2020 viene reintrodotta nell’art. 158, co. 1 c.p. la regola, soppressa dalla legge ex Cirielli nel 2005, che, considerando unitariamente il reato continuato, fa decorrere il termine di prescrizione dal momento in cui è cessata la continuazione e non più, pertanto, dal momento in cui è stato commesso ciascuno dei reati avvinti dalla continuazione. L’esito è di spostare in avanti il momento in cui il reato si prescrive.
Nulla dice la legge circa l’art. 157 del codice penale relativo al tempo necessario a prescrivere, per cui – in assenza di modifiche – il tempo necessario a prescrivere resta equiparato al massimo della pena edittale stabilita dalla legge per ogni singolo reato, ma comunque non inferiore a 6 anni per i delitti e 4 anni per le contravvenzioni.
L’art. 158 c.p. nella forma attualmente vigente prevede che:
- riguardo al termine di computo esso inizia a decorrere dal momento della commissione dell’ultimo dei reati programmati (art. 158, comma 1, c.p.p.), cioè allorquando l’intero disegno criminoso si è compiuto ed è cessata la continuazione;
- per la durata del tempo necessario a prescrivere occorre, invece, far riferimento alle singole disposizioni di legge violate.
La cd. Riforma Cartabia, Legge 27 settembre 2021, n. 134 recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari” (cd. riforma del processo penale) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 237 del 4 ottobre 2021, è l’ultimo intervento sulla prescrizione. E’ stato introdotto l’art. 161 bis del codice penale, abrogando il secondo comma dell’art. 159 c.p. e qualificando la pronuncia della sentenza quale causa di cessazione della prescrizione e non più come semplice causa di sospensione. La novità più importante è la previsione di una causa di improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, inserita nell’attuale art. 344 bis del codice penale.
Quest’ultimo prevede che la mancata definizione del giudizio di appello, entro due anni, e di cassazione, entro un anno, renda improcedibile l’azione penale. Tali termini decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 544 c.p.p., il quale detta le tempistiche relative al deposito della sentenza di primo grado.
L’ultimo intervento normativo non modifica la disciplina della prescrizione per il reato continuato.
Appurata la disciplina della prescrizione per il reato continuato, è necessario raccordare la stessa con la disciplina della successione delle leggi penali nel tempo, contenuta nell’art. 2 c.p., che individua i limiti temporali di efficacia della legge penale.
Difatti non è previsto un periodo transitorio per l’applicazione le nuove norme in tema di prescrizione, pertanto si discute tra il regime temporale di applicabilità tra la nuova e la vecchia disciplina.
Dal momento che il legislatore ha regolamentato in modo diverso dalla legge anteriore il decorso del tempo necessario per l’estinzione del reato, viene in rilievo l’art. 2, comma 4 c.p. secondo cui “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.