La necessaria specificità dei fatti oggetto di prova per testi

Le indicazioni della Cassazione in merito a quanto previsto dall’art. 244 c.p.c.

Di Andrea Scotto

– Sommario

– La norma

Art 244 c.p.c.: “La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata”.

Introduzione

Come è noto la tempestività e la specificità rappresentano le due fondamentali direttrici di cui occorre tener conto nel momento in cui, chiusa la fase assertiva, attraverso la fissazione del thema decidendum, ovvero la cristallizzazione del complesso dei fatti costitutivi delle domande ed eccezioni delle parti, che delimitano l’oggetto del giudizio, si passa alla successiva fase della fissazione del thema probandum, finalizzata ad assolvere alla funzione di fornire il relativo supporto probatorio. Uno snodo importante del processo civile , dipendendo dal corretto svolgimento delle attività assertive e della deduzioni dei mezzi di prova gli esiti della causa.

In questo senso, il nesso eziologico e processuale tra attività assertiva e probatoria conduce ( come precisato dalla dottrina e dalla giurisprudenza) alla affermazione del principio secondo cui non sarebbe possibile provare fatti che non siano stati ritualmente e tempestivamente allegati dalle parti. Ed, invero, l’allegazione tempestiva del fatto (negli atti introduttivi) determina la rilevanza probatoria dello stesso e dei mezzi istruttori articolati per dimostrarne la esistenza.

Sotto altro profilo, in presenza di una tempestiva deduzione di prova di un fatto, la stessa risulterà inammissibile nella misura in cui quel fatto non sia stato allegato tempestivamente entro il termine stabilito per le deduzioni assertive.

La giurisprudenza di legittimità da tempo insiste sugli enunciati principi facendo riferimento, a tal proposito, alla “necessaria circolarità” fra gli oneri di allegazione , di contestazione e quelli della prova (cfr. Cass. S.U. 17.6.2004 n.11353)

Le preclusioni probatorie, di cui sopra si è fatto cenno, scandiscono l’attività istruttoria del processo permettendo al giudice, attraverso l’assunzione delle prove, di addivenire all’accertamento del fatto controverso che, però, non sempre si risolve in un accertamento della verità storica del fatto stesso. Non è qui il luogo per affrontare l’interessante dibattito, fra i cultori del diritto, che si registra in subiecta materia, pur ricordando, in via generale, che nel nostro sistema l’accertamento della verità deve coniugarsi con l’esigenza del giusto processo e della sua ragionevole durata, secondo i principi scolpiti nella Carta Costituzionale.

Di qui la comune opinione, abbastanza diffusa nella cultura processualistica, che dal processo inevitabilmente non può che scaturire una verità relativa ( e non assoluta) avendo la prova una funzione retorica-persuasiva ossia finalizzata a creare nella mente del giudice una credenza intorno alla verità o falsità dei fatti. L’obbligazione fondamentale del difensore consiste, infatti, nel cercare di far prevalere , con ogni mezzo, ovviamente legittimo, la posizione del proprio cliente servendosi delle prove essenzialmente per permettere allo stesso di essere dichiarato vincitore nella contesa processuale, in un contesto, dunque, in cui il giudice è chiamato all’accertamento dei fatti controversi, attraverso l’assunzione delle prove funzionalmente alla definizione della lite ed in prospettiva della certezza dei rapporti giuridici. Ciò ha fatto dire ad autorevole dottrina ( Reali, L’istruzione probatoria nel processo ordinario ed in quello del lavoro, in Riv. Trim.2011, 396) che “la verità è circoscritta nei confini del principio del contraddittorio, della parità tra le parti, della terzietà ed imparzialità del giudice e della ragionevole durata”

Detto questo e concentrando l’attenzione sulla esigenza di specificità della articolazione della prova orale va subito richiamato il referente normativo rappresentato dall’art 244 cpc ( “ la prova per testimoni deve essere dedotta mediante la indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuno di essi deve essere interrogato”) sulla esatta interpretazione del quale è intervenuta di recente la Corte Regolatrice, con sentenza 19.01.2018 n. 1294, che ha avuto il merito di fare chiarezza in subiecta materia, fornendo agli operatori del diritto precise ed utili coordinate orientative.

Sulla indicazione specifica dei fatti

L’onere di indicazione specifica dei fatti, formulati in articoli separati, come si sa, è imposto per consentire alle controparti una congrua difesa e, se del caso, per formulare una prova contraria, ma anche per permettere al Giudice di farsi una idea ed esprimere il proprio punto di vista in merito alla rilevanza ed ammissibilità della capitolazione istruttoria.

Evidentemente si tratta di due parametri a disposizione del Giudice per la verifica, nel caso concreto, della ricorrenza del requisito della specificità di cui si è detto.

La giurisprudenza ha fornito chiare indicazioni attraverso le quali valutare se detto requisito può dirsi rispettato, che si compendiano secondo il seguente schema.

I fatti debbono essere esposti nei loro elementi essenziali non essendo necessario, per dirsi soddisfatto il requisito della specificità, che siano precisati in tutti i loro minuti dettagli, non potendosi eccedere, peraltro, nel formalismo.

I fatti, oltre ad essere dedotti in capitoli specifici e determinati, devono essere collocati, per quanto attiene il relativo svolgimento, nel tempo e nello spazio.

I fatti devono essere esposti in modo tale, se confermati, da confortare la tesi da parte di colui che li ha dedotti ed inoltre essi vanno descritti congruamente al fine di consentire alla controparte di formulare una prova contraria (v. ex multis Cass. 3728/1987, Cass. 3635/1989, Cass. 12642/2003, Cass. 11844/2006, Cass. 2201/2007, Cass. 12292/2011, Cass. 1808/2015).

È bene ricordare che il giudizio sulla idoneità della specificazione dei fatti va condotto non solo alla stregua della letterale formulazione dei capitoli medesimi, ma anche ponendo il loro contenuto in relazione agli altri fatti di causa ed alle deduzioni dei contendenti (Cass. 10272/1995, Cass. 2201/2007, Cass. 3280/2008).