La continenza di cause

Tipologie e caratteristiche

di Andrea Scotto

– Sommario
  • Gli indirizzi giurisprudenziali
  • I tipi di continenza
  • La dichiarazione di continenza

– La norma di riferimento

Art. 39 c.p.c., cc. 2-3:

“Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate.

La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione ovvero dal deposito del ricorso”.

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Gli indirizzi giurisprudenziali

Secondo un primo indirizzo, ricorre la continenza quando il petitum di due cause, identiche per personae e causa petendi, si differenzia sul piano meramente quantitativo.

Secondo altra opinione, la continenza si presenta in ogni ipotesi di potenziale interferenza, quanto ad effetti, tra le pronunce, sicché la continenza risponderebbe all’esigenza di evitare conflitti pratici di giudicati.

La giurisprudenza aderisce al secondo indirizzo. La continenza è stata infatti riconosciuta in caso di “interdipendenza tale che la decisione dell’una causa sia presupposto per la decisione dell’altra” (Cass. n. 186/2001, che respinge espressamente la teoria quantitativa).

È stato ribadito che, ai sensi dell’art. 39, comma 2, la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti e di titolo e da una differenza quantitativa dell’oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento a un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi, nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell’ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (Cass. n. 19460/2017; Cass. n. 16831/2012; Cass. n. 24668/2013; Cass. n. 15532/2011; Cass. S.U., n. 20596/2007).

I tipi di continenza

Caso tipico di continenza è quella cd. quantitativa, che ricorre quando due azioni, pendenti contemporaneamente dinanzi a giudici diversi, vertano tra le stesse parti ed abbiano la stessa causa petendi, differendo tra loro solo nell’ampiezza del petitum, nel senso che l’oggetto di un processo è più ampio e tale da ricomprendere in sé anche le domande proprie dell’altro processo.

É, tuttavia, consolidato l’orientamento (a partire da Cass. S.U., n. 20596/2007 e dalle coeve Cass. S.U., n. 20598/2007e Cass. S.U., n. 20600/2007) che la continenza ricorra anche quando fra due cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui siano prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi, nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell’ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni.

Altrettando pacifico è che per il ricorrere della continenza quantitativa o qualitativa, l’identità soggettiva tra i due giudizi non è esclusa dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso (cfr. la già citata Cass. S.U., n. 20596/2007).

Non v’è dubbio inoltre che il congegno della continenza trovi applicazione anche per quanto riguarda l’ipotesi in cui una delle due cause in rapporto di continenza sia un’opposizione a decreto ingiuntivo, dovendosi aver riguardo ai fini dell’individuazione del giudice preventivamente adito alla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo: a seguito, infatti, della modifica dell’art. 39, u.c., da parte della l. n. 69/2009, la prevenzione, nei procedimenti introdotti con ricorso, è determinata dal deposito del ricorso.

Anche, quindi, nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell’individuazione del giudice preventivamente adito, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di deposito di quest’ultimo, proprio sulla base del criterio di cui all’ultimo comma dell’art. 39, come modificato dalla l. n. 69/2009, senza che rilevi la circostanza che l’emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell’art. 643, comma 3, (cfr. Cass. n. 18564/2015; Cass. n. 6511/2012).

Peraltro, anche antecedentemente alla modifica dell’ultimo comma dell’art. 39 da parte della l. n. 69/2009, con la già citata Cass. S.U., n. 20596/2007, le Sezioni Unite, nel dirimere il contrasto sul punto formatosi tra le sezioni semplici e aderendo all’orientamento fino a quel momento minoritario, avevano affermato che in caso di opposizione a decreto ingiuntivo gli effetti della pendenza della controversia dovevano retroagire al momento della proposizione del ricorso, a condizione, però, che la domanda monitoria fosse stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (ciò in quanto il giudice dell’opposizione che riconosca l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento monitorio può solo dichiarare la nullità di quest’ultimo, accogliendo in rito l’opposizione e senza entrare nel merito della domanda dell’attore in senso sostanziale: cfr. Cass. n. 16744/2009).

Il requisito della competenza del giudice del monitorio (e, quindi, specularmente, del giudice dell’opposizione) è ritenuto necessario, a fini di prevenzione, anche dalla sentenza in commento, che pure prende atto della modifica dell’art. 39 da parte della l. n. 69/2009.

Ciò, evidentemente, perché il riconoscimento dell’incompetenza del giudice del monitorio comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto senza possibilità di alcuna valutazione di merito da parte del giudice dell’opposizione, con conseguente frustrazione della stessa ratio della disciplina della continenza, che mira ad evitare che cause tra loro connesse pregiudizialmente o con oggetto solo quantitativamente diverso vengano decise da giudici diversi, con rischio di formazione di giudicati difformi o contraddittori in punto di merito.

Vi è continenza, inoltre, tra l’azione di accertamento positivo e quella di accertamento negativo del medesimo diritto (Cass. n. 22830/2022).

In materia di continenza, le norme dettate dall’art. 39 non operano con riguardo alla situazione di pendenza di una causa in primo grado e dell’altra in appello, ma l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell’art. 39, comma 2, dev’essere assicurata comunque ai sensi dell’art. 295, ossia a mezzo della sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa che avrebbe esercitato l’attrazione (Cass. n. 26835/2017).

Ricorre un rapporto di continenza tra la domanda di concordato preventivo e l’istanza o la richiesta di fallimento, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi.

Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell’art. 273, se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l’applicazione delle disposizioni dettate dall’art. 39, comma 2, in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi (Cass. S.U., n. 9935/2015).

La dichiarazione di continenza

La continenza va rilevata d’ufficio e anche oltre la prima udienza (Franchi, 416), non essendo assimilabile ad una questione di incompetenza.

La continenza va dichiarata con ordinanza. All’esito della dichiarazione di continenza, una delle due cause trasmigra dinanzi al giudice dell’altra. La disposizione stabilisce che la rimessione va disposta in favore del giudice preventivamente adito, sempre che sia competente per entrambe le cause, e, in caso contrario in favore del giudice adito per secondo, avuto in entrambi i casi riguardo al criterio della prevenzione.

Ne discende che il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso deve verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest’ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza (Cass. n. 24161/2019).

In giurisprudenza si insegna che, qualora tra due cause vi sia un rapporto di continenza, per individuare il giudice competente non occorre stabilire quale sia la causa contenente e quale quella contenuta, poiché il criterio da seguire è solo quello della prevenzione, sempre che il giudice preventivamente adito sia competente per la causa successivamente proposta.

Pertanto, il giudice al quale è proposta l’eccezione di continenza deve prima accertare quale sia la causa preventivamente adita (ponendo a raffronto, se una delle cause sia di opposizione a decreto ingiuntivo, la data di notificazione del ricorso e del decreto, atteso che questa determina la pendenza della lite),e poi verificare se il giudice preventivamente adito sia competente, per valore, materia e territorio, anche in relazione alla causa proposta successivamente (Cass. n. 2214/2001; Cass. n. 14563/2002).

Ai sensi dell’art. 39, comma 2, il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso, deve in particolare verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest’ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza; ne consegue che il giudice diverso, ove la causa venga davanti a lui riassunta, non potrà contestare il rapporto di continenza — facoltà concessa, invece, alla parte — ma potrà solo, ai sensi degli artt. 44 e 45, chiedere d’ufficio il regolamento di competenza ove ritenga la propria incompetenza per materia o per territorio inderogabile (Cass. n. 29570/2008).

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo è stato affermato che, nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata chiesta l’emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause, quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, retroagendo gli effetti della pendenza della controversia introdotta con la domanda di ingiunzione al momento del deposito del relativo ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (Cass. S.U., n. 20596/2007, con cui le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto formatosi in seno alle sezioni semplici in ordine alla determinazione della prevenzione, rilevante ai fini della continenza, tra la domanda di condanna introdotta con il ricorso per decreto ingiuntivo davanti ad un determinato giudice, comunque competente, e quella, proposta successivamente al deposito del ricorso monitorio ma anteriormente alla sua notificazione, di accertamento negativo dello stesso credito dinanzi ad altro giudice).

È stato ribadito che, nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell’individuazione del giudice preventivamente adito, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data del deposito di quest’ultimo, trovando applicazione il criterio di cui all’ultimo comma dell’art. 39, come modificato dalla l. n. 69/2009, senza che rilevi la circostanza che l’emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell’art. 643, comma 3 (Cass. n. 18564/2015).

Ove sussista continenza di cause, la competenza del giudice preventivamente adito è esclusa quando la causa proposta davanti al secondo giudice appartenga alla competenza per materia o per valore di quest’ultimo, atteso che in tal caso non può applicarsi il criterio della prevenzione (Cass. n. 8685/1994).

La continenza non può più essere dichiarata in sede di impugnazione, anche se l’errore del primo giudice sia stato oggetto di motivo di impugnazione (Cass. n. 2212/1989; Cass. n. 7768/1993; Cass. n. 5007/1998; Cass. n. 6590/2003; Cass. n. 18819/2004; Cass. n. 16446/2009).